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manuela sedmach |
Qualche avvertimento a pensarci bene ci fu. Innanzitutto quel grappolo di palloncini rosa che all'alba del 2 o 3 gennaio restò impigliato nei rami striminziti del Gelso bianco fino a quando Piero con l'aiuto del cappellano non lo tirò giù a suon di ramazzate. Il giorno dopo il grappolo ormai esanime venne trovato penzoloni giù dalla croce del campanile di Sant'Antonio Vecio, a pochi metri dal Gelso. Poi fu la volta della bolla di sapone. Quella mattina, stavolta ricordava la data con precisione poiché era il giorno di sepoltura di J., nello svoltare l'angolo della piazzetta, proprio lì dove troneggiava una Madonna dipinta sulla parete a tinte squillanti o, come diceva il cappellano, zigalone, venne investita da una bolla di sapone grande più o meno quanto un'arancia. Non era la bolla in sé, di bolle di sapone in quel punto ne transitavano sempre, per via dei bambini che venivano a giocare e a festeggiare i compleanni nel cortile del Gelso. Per qualche chissà se ripetibile gioco degli elementi, la bolla che le si parò davanti aveva dentro, tutto intero ma a testa in giù - l'inconfondibile intonaco color melone orlato di pietra bianca, la torretta a punta con la balaustra, i due orologi fermi alle 9 e 40 il primo, alle 5 e 10 il secondo - il campanile!
Kenka Lekovich, settembre 2007
(brano tratto dal racconto "un'altra piccola storia")